Atacama Crossing 2008

Non ho nulla per colazione perché ho dimenticato la borsa in Hotel, e mangio l’insalata della sera prima che trovo fuori ancora sigillata, e un po’ dii musli del mio giorno successivo più una coca cola che mi ero tenuto (un po’ di zuccheri fanno bene, inoltre sarà l’ultima per una settimana ed è freschissima).

La mattina fa molto freddo, a ricordarmelo ci sono i tetti completamente ghiacciati delle jeep segno che siamo scesi sotto zero durante la notte. E pensare che il giorno prima il mio termometro aveva raggiunto i 50° al sole.
L’attività più importante è chiudere bene lo zaino, è gonfio come un pallone, deve essere ben bilanciato e non avere spigoli che battono sulla schiena altrimenti sono dolori, da domani inizierà ad essere più leggero.

Ci riuniamo tutti intorno al via, continuiamo a darci pacche di incoraggiamento dicendoci che ci vedremo all’arrivo, poi inizia il fatidico conto alla rovescia -10 -9 … -3-2-1 GO, parto un po’ troppo veloce infatti mi ritrovo 1° ma è solo per pochi minuti, rallenta mi dico, e fatti superare perchè la strada è lunga, devi ascoltare le sensazioni del tuo fisico, adattarti al più presto: sei a 3.200 mt di altezza, stai correndo in salita, lo zaino è a pieno carico con 10 kg e i primi 14 km sono tutti a questa quota.

Faccio fatica a respirare ma solo all’inizio, trovo rapidamente un ritmo sostenibile senza avvertire alcuna fame d’aria, sarà lo stesso anche per gli altri, e non so darmi una spiegazione; anche nel Gobi ho passato un 4.000 senza avvertire alcuna fatica respiratoria.

Impiego 2 ore per la prima tappa: un bel tempo. Poi si inizia a scendere, Brandy il capo dello staff medico ci incoraggia dicendo che da quella parte troveremo più ossigeno, scendiamo lungo un canyon che ci permette di correre anche alcuni tratti completamente all’ombra, non c’è una nuvola, il cielo è terso e limpido, il sole si fa sentire e inizio a mettere la crema protettiva.

Anche la seconda parte va bene, ma la terza frazione invece è un vero disastro. Dobbiamo attraversare una pietraia fittissima, mi procuro 5 distorsioni alle caviglie 3 alla sx e 2 alla dx. Alcune sono leggere ma alcune mi fanno cadere lasciandomi senza fiato per alcuni secondi, sento la scarica elettrica fino all’orecchio, penso sia finita e ogni volta dico basta adesso mi fermo, ma invece piano piano riesco a superare questo momento drammatico.

L’ultimo tratto è in salita, camminando riesco a riprendere un po’ di ritmo, alla fine supero due concorrenti che mi avevano passato qualche km prima, vedo l’arrivo e tiro un sospiro di sollievo.

Trascorro almeno tre ore in tenda con le gambe sollevate su uno sgabello per ridurre il gonfiore, e una volta riposato mi preparo da mangiare.
Da questo momento inizia la magia della giornata, con tutti gli ingredienti al loro posto: tramonto, amici, fuoco e il mio immancabile sigaro. Vado al letto presto intorno alle 9, domani mi aspettano altri 40 km di incognite.

Una pietraia fittissima Una pietraia fittissima

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